Fortuna, il pm non ci sta “Il marito torni in cella”
Leandro Del Gaudio
Un appello al Riesame per ottenere il ritorno in cella di un uomo condannato per l’omicidio della moglie; ma anche un probabile ricorso ai giudici di secondo grado, per ottenere una condanna più severa. È questa la doppia mossa della Procura di Napoli nel caso di Fortuna Bellisario, la donna uccisa il sette marzo del 2019, nel corso di una brutale aggressione da parte del marito. Un caso che torna drammaticamente di attualità, per la decisione del gip di scarcerare Vincenzo Lo Presto, marito della vittima. Una brutta vicenda, dal momento che l’uomo ha ottenuto il beneficio degli arresti domiciliari in casa della madre, vale a dire nella stessa abitazione dove si consumò la brutale aggressione. Ieri mattina la Procura di Napoli ha inoltrato l’appello al Riesame, sulla scorta di una serie di punti: esiste il pericolo di fuga e può reiterare la stessa condotta nei confronti di qualcun altro dei suoi congiunti. Inchiesta condotta dal procuratore aggiunto Raffaello Falcone, c’è anche un aspetto formale che non viene trascurato: secondo la Procura, l’appello della difesa con cui si è ottenuto la scarcerazione di Lo Presto non era ammissibile, perché minato da un vizio di forma, legato alla omessa notifica dell’istanza di sostituzione della misura a una delle parti. Difeso dal penalista Sergio Simpatico, Lo Presto è a casa della madre, dove si prepara ad affrontare un secondo processo, dinanzi ai giudici della corte di appello di Napoli. E al Mattino – sempre tramite il suo legale di fiducia – spiega: «Sono addolorato per quello che è accaduto, non volevo ucciderla. In questi anni, ho anche preteso che mia moglie venisse sepolta nel posto da me indicato, perché ho bisogno di un luogo in cui andare a piangerla». Parole che suonano come atroci e beffarde da parte di un’intera comunità che si stringe nel ricordo di Fortuna e che si sente indignata per la decisione del gip di accordare i domiciliari all’assassino della donna. Ma torniamo al processo. In primo grado, Lo Presto ha incassato una condanna a dieci anni di reclusione, per omicidio preterintenzionale, anche se l’accusa originaria era di omicidio volontario. Rappresentati dai penalisti Manuela Palombi e Marco Mugione, gli stretti congiunti di Fortuna (che era madre di tre figli) attendono il prossimo step giudiziario. LO SCONTRO Fatto sta che la decisione del giudice di concedere gli arresti domiciliari ha anche costretto il Tribunale dei Minorenni di Napoli ad emettere un provvedimento «ad horas» per impedire a Vincenzo Lo Presto di contattare i figli. Una morte tragica che sopraggiunse in un’abitazione alla periferia di Napoli (in corso Mianella), dove la coppia abitava e dove c’erano anche i figli e i nonni. Fortuna ebbe dei violenti conati di vomito, preceduti da capogiri e, secondo quanto è emerso dagli accertamenti, rimase soffocata. Capogiri determinati dalle percosse che aveva subìto poco prima per mano del marito. Botte che riceveva da anni, secondo la ricostruzione investigativa, confermata nel corso del dibattimento. Durante il processo è stata chiesta e ottenuta la rimodulazione del reato contestato da omicidio volontario a omicidio preterintenzionale: in sostanza, non c’era la volontà di uccidere ma la morte di Fortuna è stata una diretta conseguenza delle botte. Le violenze e la segregazione di cui era vittima Fortuna sono emerse anche durante l’incidente probatorio fissato per ascoltare i suoi bambini, ora in cura presso l’istituto Toniolo. «Come possiamo dare fiducia alle vittime – hanno commentato i legali di alcuni familiari di Fortuna – se vengono prese decisione come questa. Le vittime ci potrebbero anche dire: avvocato, meglio prendere le botte e aspettare che qualcosa cambi. Lo stesso vale – aggiungono i due professionisti – per le “guerriere”, che rappresentano un’antenna sul territorio. Anche il loro lavoro di prevenzione può subire enormi danni da questi pronunciamenti». Ieri un sit in all’esterno del Tribunale di Napoli, con le donne “guerriere” che ribadiscono il caso di “in-giustizia” di Fortuna Bellisario.