Fortuna, uccisa di botte con una stampella: scarcerato marito-killer. Tensioni nel quartiere: “Meglio prenderle”

Domenica prossima, in coincidenza con il secondo anniversario della sua morte, nel rione Sanita’ di Napoli, durante la messa sara’ dedicato un momento particolare alla memoria di Fortuna Bellisario, deceduta a seguito delle percosse inferte dal marito Vincenzo Lo Presto (scarcerato qualche giorno fa) il 7 marzo 2019, giorno che precede la festa della donna.

 

La decisione del giudice di concedere gli arresti domiciliari ha anche costretto il Tribunale dei Minorenni di Napoli ad emettere un provvedimento “ad horas” per impedire a Vincenzo Lo Presto di contattare i figli. La Procura di Napoli, intanto, impugnera’ il provvedimento. Non solo. Si sta valutando di presentare, accanto all’opposizione davanti ai giudici del Riesame, anche un’istanza per la rimodulazione della sentenza.

 

Lo Presto e’ stato condannato a 10 anni di reclusione (con decadenza della patria potesta’) per l’uccisione della moglie, madre di tre bambini di 7, 9 e 11 anni. Una morte tragica che sopraggiunse in un’abitazione alla periferia di Napoli dove la coppia abitava e dove c’erano anche i figli e i nonni. Fortuna ebbe dei violenti conati di vomito, preceduti da capogiri e, secondo quanto e’ emerso dagli accertamenti, rimase soffocata.

 

Capogiri determinati dalle percosse che aveva subito poco prima per mano del marito. Botte che riceveva da anni. Durante il processo e’ stata chiesta e ottenuta la rimodulazione del reato contestato da omicidio volontario a omicidio preterintenzionale: in sostanza, non c’era la volonta’ di uccidere ma la morte di Fortuna e’ stata una diretta conseguenza delle botte. Dopo la condanna Lo Presto ha trascorso circa due anni in cella. Adesso e’ ai domiciliari, una misura adottata in quanto si ritengono assenti le circostanze che invece richiedono il carcere.

Le violenze e la segregazione di cui era vittima Fortuna sono emerse anche durante l’incidente probatorio fissato per ascoltare i suoi bambini, ora in cura presso l’istituto Toniolo. “Come possiamo dare fiducia alle vittime – commentano gli avvocati Manuela Palombi e Marco Mugione, legali di alcuni familiari di Fortuna – se vengono prese decisione come questa. Le vittime ci potrebbero anche dire: ‘avvocato, meglio prendere le botte e aspettare che qualcosa cambi. Lo stesso vale – aggiungono i due professionisti – per le ‘guerriere’, che rappresentano un’antenna sul territorio. Anche il loro lavoro di prevenzione puo’ subire enormi danni da questi pronunciamenti”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *