Il delitto di Fortuna la Cassazione: il marito deve tornare in cella
Il delitto di Fortuna la Cassazione: il marito deve tornare in cella
Carcere per Vincenzo Lo Presto, 43 anni, condannato in primo grado a 10 anni di reclusione per l’omicidio preterintenzionale della moglie
di Conchita Sannino
Quattro mesi dopo, c’è un ricorso dichiarato inammissibile e una pronuncia definitiva su quegli arresti domiciliari. Vincenzo Lo Presto, l’assassino di sua moglie Fortuna Belisario, già condannato in primo grado per l’omicidio della 36enne avvenuto il 7 marzo 2019, non può restare nella casa dove la massacrava di botte costantemente, dove imponeva addirittura ai tre figli minori di partecipare al pestaggio della madre. Quell’uomo, 43 anni, deve tornare in carcere. Lo ha deciso la prima sezione della Corte di Cassazione. Che, accogliendo le richieste del Procuratore generale, ha respinto il ricorso presentato dal legale dell’uomo, l’avvocato Sergio Simpatico. Il caso aperto da Repubblica, lo scorso febbraio, dando voce alla rabbia delle donne del Rione Sanità e alle argomentazioni degli avvocati di parte civile, Manuela Palombi e Marco Mugione, arriva quindi a un punto fermo, dopo le già severe motivazioni del Tribunale del Riesame dello scorso 15 aprile. Intanto comincia il 13 luglio, dinanzi alla IV sezione della Corte d’Assise d’appello, il processo di secondo grado : su cui punta la Procura guidata da Melillo, (procuratore aggiunto Rosa Volpe a firmare una rigorosa richiesta d’appello, due mesi fa), per aggravare la contestazione a carico di Lo Presto. Da omicidio preterintenzionale, in cui «l’orribile vicenda omicidiaria» fu «ingiustificatamente modificata» (di qui, la condanna a soli 10 danni, ndr) ad «omicidio volontario». L’avvocato di Lo Presto ha già fatto sapere che in quella sede avanzerà nuove istanze per la scarcerazione o l’attenuazione della misura cautelare. Mentre, sull’altra sponda, quella delle vittime, poche righe in un post dell’associazione Forti Guerriere raccontavano ieri di una vigilanza che non può calare: «La Cassazione ha stabilito che Lo Presto deve ritornare in carcere. Continuiamo a credere nella giustizia, continuiamo ad esserci e a lottare al fianco delle donne che subiscono violenza». L’assassino di Fortuna, l’uomo che nelle ultime udienze in cui chiedeva di essere scarcerato si presentava sulla sedia a rotelle ma che in casa usava le sue grucce ortopediche per colpire a morte sua moglie Fortuna, dovrà essere quindi trasferito in cella. Di nuovo. Nelle prossime ore scatterà l’ordinanza del Riesame che spingerà l’uomo a lasciare la casa della madre dove avvenivano le rituali violenze sulla donna, a Mianella, periferia nord di Napoli. Stessa casa dove, a febbraio, il gip lo aveva mandato ai domiciliari: senza neanche il braccialetto elettronico. Le donne del rione Sanità, dove Fortuna era cresciuto e dove il marito violento non faceva più tornare, scesero in strada a protestare. Repubblica aprì al racconto della famiglia, dei genitori e della sorella. Il comitato Forti Guerriere scese dinanzi al Tribunale indossando, con compostezza, le mascherine su cui era scritto “In-giustizia per Fortuna”. Persino la presidente del Tribunale, Elisabetta Garzo, in una intervista col nostro giornale, ipotizzò – senza mai ledere l’autonomia di quel gip – che forse si poteva ragionare su quella decisione e dare ascolto alle domande e alle istanze di giustizia di quelle donne, solitamente relegate fuori dal dibattito pubblico. Una posizione coraggiosa attaccata anche da avvocati e magistrati. Poi la Procura studiò tutti gli atti. Chiese al Riesame che Lo Presto tornasse in carcere. Mentre avanzò anche la richiesta del processo d’appello contro la condanna a soli 10 anni. Il Riesame, con dure motivazioni, aveva già stabilito che l’assassino dovesse lasciare la sua casa per la cella.