La in-giustizia è donna

Un femminicidio… un uxoricidio… mai dimenticato da chi…Fortuna Bellisario… la conosceva. Una giovane donna… una giovane mamma… che dopo anni di vessazioni psicologiche… di brutali maltrattamenti… quel maledetto 7 marzo 2019 veniva uccisa dal marito… Lo Presto Vincenzo, davanti ai tre piccoli bambini: Patrizia, Francesco e Jennifer.

Tratto a giudizio per il reato di omicidio volontario aggravato dalle sevizie e dalla crudeltà e per il delitto di maltrattamenti, consumatisi pressoché quotidianamente per anni, il Lo Presto accedeva al giudizio abbreviato, riportando una condanna ad anni 10 di reclusione per il delitto di omicidio preterintenzionale aggravato. Una pena troppo bassa alla luce delle tremende sofferenze patite dalla vittima nel corso della sua vita matrimoniale, una pena troppo bassa alla luce di una vita che non c’è più.

Sia dalla relazione descrittiva redatta nell’immediato, sia soprattutto dall’analisi della consulenza autoptica, emerge l’estrema brutalità della condotta tenuta dal Lo Presto,… che colpiva la donna più volte e reiteratamente, nonostante l’atteggiamento evidentemente remissivo della stessa, che si difendeva unicamente tentando di parare i colpi sferrati dal marito”.

Un’escalation di violenza sfociata, come purtroppo era prevedibile, nella morte violenta della Bellisario, una morte per la quale addirittura il marito non manifestava nessun dolore, se non per sé stesso, nessun pentimento, come dallo stesso affermato, durante l’intercettazione ambientale in carcere, in occasione del colloquio in data 18.06.2019 con i fratelli, “NESSUNO SCRUPOLO”.

Queste continue sevizie avvenivano anche alla presenza dei figli minori della coppia, 3 bimbi di un’età compresa dagli 11 ai 7 anni, così come dagli stessi rivelato non solo al loro ingresso nella casa famiglia “Piccoli Soli” (“…aspettavano comunque che un evento così drammatico accadesse” come dichiara la Coordinatrice della Comunità), ma anche in sede di incidente probatorio.

La piccola Patrizia ricordava “Papà a mamma la picchia. La picchia forte”.

Forte significa con le mani, con la mazza, con la scopa, con il coltello o con la forbice così”.

Ed infatti la feriva con forbici, coltelli o altri oggetti contundenti, proprio come lo scovolino sottoposto a sequestro il giorno della morte, e le tirava i capelli fino a strapparli.

Anche con la forchetta la feriva.

Violenze testimoniate anche da un cugino dell’omicida, che aveva vissuto con loro negli anni precedenti la morte, e da una vicina, che ricordava i lividi sul volto della Bellisario quando la incontrava per caso sulle scale.

All’esame esterno del cadavere si riscontravano innumerevoli lesioni e cicatrici, prova delle perduranti violenze che venivano inflitte alla persona offesa nel corso degli anni.

Innumerevoli le ecchimosi e le lesioni, alcune più risalenti (di colorito giallo) ed altre più recenti (colorito violaceo…lesione escoriata ricoperta da materiale ematico), così come le vaste cicatrici.

Un dramma consumato tra le mura domestiche, un matrimonio trasformatosi in una prigionia, dalla quale la vittima non riusciva a scappare: non le era consentito incontrare i genitori, le sorelle, un’amica e nemmeno parlare al telefono con loro, così come riferito dalla madre, dal padre, dalla sorella e dalla vicina di casa.

Fortuna non poteva nemmeno uscire da sola a fare la spesa.

Un marito violento anche nei confronti dei figli piccoli, un uomo, descritto dallo stesso cugino in sede di spontanee dichiarazioni, come una persona piena di perversioni.

Eppure, nonostante in sede di condanna non avesse beneficiato neppure delle attenuanti generiche, dopo appena 2 anni di carcere ottiene gli arresti domiciliari, approfittando di una possibilità offerta dal nostro stesso sistema giudiziario, un sistema che, per alcuni aspetti, non appare più adeguato all’evoluzione dei tempi.

In un momento storico, come quello odierno, caratterizzato purtroppo da una dilagante violenza che travolge e stravolge ogni aspetto della società, non può consentirsi che un omicida ottenga così presto dei benefici, che addirittura possano mettere in pericolo la vita di altri soggetti.

Occupandoci da anni di violenza sulle donne, credendo fermamente nel rapporto con le forze dell’ordine e le procure competenti, non può passare assolutamente il messaggio che uccidendo una donna dopo neanche due anni si hanno gli arresti domiciliari e con 10 anni te la cavi!!! Perché le donne dovrebbero avere il coraggio di denunciare, quando può passare questo messaggio che stravolge il lavoro di una rete intera?

Troppe donne vittime di violenza denunciano i loro mariti, i loro compagni, i loro padri e ora, ancor più, hanno paura.

Avv. Marco Mugione, avvocato penalista del Foro di Napoli

Avv. Manuela Palombi, Avvocato penalista del Foro di Napoli, Consigliere alla disciplina presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napo

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